Capo indiscusso amante dei titoli titelsuchtig come dicono i merkeliani.
Pietro Siluni dotato di una personalità aperta, disinvolta, rutilante, dinamica, cospicuo per se, avido, utopista, uno stravagante amante di continuare il suo cammino e trasformare la sua città in “ombelico del mondo” e portare il suo nome agli onori, alla fama, alla gloria; convinto di questo impegno da attuare e lasciare il segno a quanti lo hanno “lisciato" nella sua ascesi weberiana e a quanti, invece, lo hanno più o meno lasciato a se stesso in mezzo al caos giudiziario da lui originato.
Il sentirsi solo, il non sentirsi amato da coloro che lui stesso aveva creato, lo portarono a stringersi al potere politico, a loschi figuri contabili, a coloro che alimentavano la stessa sorgente di entusiasmo irrazionale di fare onnipotente, a coloro che possedevano la grandezza di creare ricchezze e riversare intorno a se forza, emancipazione e voglia di arrivare.
Agli insegnamenti ricevuti Pietro Siluni ci mise anche del suo, dell’imponente, la perdita del senso del limite e, come tutti i megalomani, forzo le sue cose in una dimensione che voleva superare: mutare la sua città, ma alla fine ricevette lo smacco dell’abbandono.
La moltitudine di commercialisti, ingegneri, architetti, pensatori, filosofi, medici che circondò la sua raggiera, bevve alla sua sacca, si enfatizzo delle sue idee futuribili, lo lasciarono correre alla deriva, lo aiutarono sicuramente ma per la discesa ripida senza esercitare quell’accomodamento della “ratio” che avrebbero salvato tante altre cose.
Certo che Pietro Siluni ha contribuito al benessere di tante persone anziane, ai giovani in “erba”, alle vedove lasciate sole e alle tante fanciulle cadute in sfortuna affettiva; sicuramente ha fatto del bene. Era un’eccellenza.
Certo che Siluni ha antecedenti che parlano per lui, persona capace che ha fatto mentre tant’altri si limitavano a guardare, a sparlare; incurante per le conseguenze di azioni possibili e impossibili. Modifica il sistema con stratagemmi che pochi osavano attuare ed “edifica” le sue idee senza mai tralasciare l’affetto che, nonostante tutto, ha continuato a circolare intorno a lui fatalmente disperso, frugato da una giustizia penale, civile e contabile.
Di tutto questo non bisogna comunque volergliene per quello che è stato, non bisogna essere presuntuosi di giudicarlo per il suo modo di vedere le cose in un certo verso buono o cattivo che sia, bisogna invece ricordare degli errori culturali, dei fallimenti di quanti sono stati spettatori e non hanno sorvegliato sulle bugie, sui metodi, sui denari fugati anzi la cosa più vergognosa e che ad alimentare questo esito infatuo sono stati in tanti e tanto benestanti, colti, professionisti affluenti amici e collaboratori che ancora oggi mirano a seguire le orme del “megalomane” che voleva cambiare la sua città.
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