lunedì 28 dicembre 2015

I giornalisti locali "non graditi" dagli organizzatori alla conferenza stampa



Tralascio i giudizi politici e/o personali nei confronti degli organizzatori di una pseudo conferenza stampa in quanto del tutto irrilevanti, non tralascio affatto però, il comportamento del tutto antidemocratico e discriminatorio di chi, come rappresentante  le istituzioni, è chiamato a tenere tutt’altra condotta in termini di etica pubblica verso la stampa tutta, essendo espressione popolare e rappresentante istituzionale. Non so se nella cultura politica dei promotori è contemplata solo “la stampa amica”, o supposta tale, oppure vi sono liste di proscrizione in base al momento, so pero che non intendo lasciar cadere comportamenti come quelli di chi non ama il dissenso e il contraddittorio.
Come volevasi dimostrare: la conferenza stampa (evento informativo organizzato da un organismo o ente, a cui sono invitati i mass media, per annunciare delle notizie, cit. Wikipedia - Ps. qualcuno deve pure spiegare ai promotori e a qualche sprovveduto ignorante che scrive chiacchiere sparse da qualche parte, cosa è una conferenza stampa) è stato un incontro politico. La conferma si è avuta dal tenore stesso dell’incontro poco spontaneo, dalle modalità della convocazione (una falsa conferenza stampa alla quale sono stati invitati solo i giornali amici ed è stata volutamente esclusa, probabilmente su suggerimento di qualche “buontempone”, vero promotore dell’iniziativa, la presenza dei giornalisti locali. La conferma che l’incontro fosse stato suggerito in malafede, non avendo partecipato alla conferenza stampa per l'ordine dato, si è avuta da alcune foto e video pubblicati, dove non solo è presente il promotore, ma anche tutta la stampa aversana che, come affermato da un “invitato”, non conosce la realtà locale pur vivendo a pochi passi.
Certi atteggiamenti, propri di personaggi goffi e boriosi che non hanno mai avuto  il giusto appeal sui cittadini se decidono di sbarazzarsi proprio di un rappresentante della stampa locale, devono capire che i tempi sono cambiati e che per rimanere sul “carrozzone” bisogna fare propri e interpretare quotidianamente i valori di democrazia e pluralismo ideologico che avvicinano la politica alla gente.
Accetterò il prossimo invito con la premessa che sarò accompagnato da “truppe cammellate” :); nel frattempo scruterò attentamente…

mercoledì 15 aprile 2015

L’esperienza del non sapere



“La locuzione latina Quid est veritas?, tradotta letteralmente, significa "Che cosa è la verità?".
La frase si trova nella Vulgata, per la precisione nel Vangelo secondo Giovanni , ed è pronunciata da Ponzio Pilato durante il suo interrogatorio a Gesù. In questo passo Pilato chiede a Gesù di confermare la sua dichiarazione di "rendere testimonianza alla verità".  Dopo di ciò, Pilato proclama alle masse di non riscontrare in Gesù nessuna colpa.
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
Gli dice Pilato: «Che cos'è la verità?». E detto questo uscì di nuovo verso i Giudei senza neppure aspettare che il suo interlocutore provasse a rispondere  e disse loro: «Io non trovo in lui nessuna colpa».”
Di risposte c’è ne sono per quanto incuriosiscono più i pochi razionali sui “marciapiedi”, che i tanti pilati “salvagente”, che imitano il “Prefetto” romano e non prendono una posizione.  In particolare, anni di  esperienze hanno generato una sorte di classifica dei vari tipi. La “verità” più nota è quella matematica ovvero dimostrazioni logiche e controllabili da coloro che hanno una conoscenza adeguata oppure quella scientifica che, pur non essendo consolidata, è sottoposta a continue verifiche da coloro che detengono adeguata strumentazione tecnologica. Per finire la verità storica, supportata da testimonianze “tramandate” di padre in figlio ovvero  da affermazioni “diadiche” o a fatti  irripetibili che non possono avere riscontri matematici o scientifici.
C’è poi l’attendibilità del singolo, quella che ciascuno assegna alle varie verità  che derivano dalla natura o dalla conoscenza di esse.
La “verità” quella che ci incuriosisce, quella che, per  conoscere i fatti, ci fa adottare qualsiasi mezzo lecito o illecito,  mette in moto la fantasia, l’immaginazione, la creatività, ci appassiona, ci intrica di sapere. Il “sapere” quindi la certezza della verità, la conoscenza che ci può far cambiare opinione su di un fatto, di una persona; la verità prima della logica, che può spingere qualsiasi uomo a nascondersi dietro ad una maschera, ad un pseudonimo, ad un finto perbenismo ed attivare le sue personali maldicenze accusando a destra e a manca. Comportamenti che sicuramente sono spinti dalla sottigliezza di “figuri” entusiasti di un mezzo “banalizzante del confronto” come i social network  o nascondere vera e propria mala fede di chi, viene ammonito che dice solo idiozie, mostrando volontà a  respingere il confronto.
In queste congiunture il favoloso “popolo internauta” coglie l’attimo fuggente e grida: “barabba, barabba”. Perché non gli interessa la verità, non gli interessa cosa abbia spinto un personaggio pubblico ad allontanarsi dalla “poltrona”, non lo incuriosisce cosa una persona possa aver detto, o cercare di capirlo. Gli interessa solo ridire ciò che attira più la curiosità: il FANGO; 5 caratteri che fondano la demarcazione tra l’attenzione e l’approfondimento.
Atteggiamenti che interessano gran parte del popolo; condizionati da una sistema meschino che ha indotto, gran parte dei cittadini, a convivere in un clima di “PAURA”, di sottosviluppo, di abbandono.
Questa è la constatazione che molti di noi confondono ciò che vedono o leggono con la “verità” ovvero  l’esperienza del non sapere  e non un’esigenza di ricercare la  verità che nessuna menzogna può  appagare.

sabato 28 marzo 2015

Industrie insalubri, perché non adesso?



Certo è una ambigua consuetudine quella di chiedersi “perché proprio adesso” di fronte ad ogni anomalia evidenziata; volendo, una qualche concomitanza la si trova di continuo e, quindi, è sempre probabile “puntellare” che si tratta di una serie di “operazione elettorale” tendente a sostener  questo o quel personaggio. Pertanto, è bene non eccedere di questo tipo di ragionamento, ma ci sono  circostanze in cui, con la prudenza indispensabile,  conviene farsi questa domanda: “perché non adesso?”.
Ovviamente, si possono solo esprimere concetti, badando bene di ritenerli tali e non verità di “credo”. Questa del caso “industrie insalubri”, è una di quelle opportunità in cui qualche dubbio è legittimo nutrirlo.
Per la verità, delle attività insalubri che persistono sul territorio urbano  si era iniziato a parlare già alla fine del 2013, tanto è vero che alcune realtà locali  avevano denunciato la cosa, ma nel disinteresse generale. Forse mancava la volontà di risolvere “seriamente” la questione o forse la cosa non aveva alcun peculiare coinvolgimento, perché si ponderava di contribuire con il “nuovo” alla scalata amministrativa, con metodi più tranquilli: una “garanzia”.
In effetti a quei tempi si mise in risalto l’inquinamento ambientale in città e si puntarono i riflettori  su  un opificio che persiste nella zona “PIP” perché molto evidente e forse quello più esposto all’occhio “comune”.  Fu partorito il caso “Meridionale Alluminio” come capro espiatorio per mettere in risalto il disinteresse dell’Amministrazione comunale  alla tutela dell’ambiente e la disattenzione ai problemi, anzitutto, di salute e di qualità di vita. Nacque una diatriba tra i dirigenti della società “accusata” e le varie realtà tirate in ballo che, di comune accordo e per buttare acqua sul fuoco,  convennero per un pubblico convegno. All’incontro-visita, presso la sede della Meridionale alluminio,  parteciparono Pasquale Buonpane, presidente del MovimentoAd alta voce”, Tommaso Caserta, coordinatore cittadino di Fare Ambiente, Emilio Paone, presidente AISSt, Alessandra D’Agostino, presidente del comitato “Teverola non deve morire”  come   rappresentanti delle istituzioni il sindaco Biagio Lusini e l’assessore Agostino di Santo, mentre per la Meridionale Alluminio il delegato Antonio Colantonio.
Le parti interessate convennero, all’unanimità, alla redazione di  un verbale di riunione, sottoscritto da tutti i presenti e, in merito alle questioni poste, la Meridionale Alluminio si impegnò  a fornire risposte scritte e documentate ai cittadini, per il tramite del movimento civico “Ad Alta Voce” entro 30 giorni.
Ebbene tanti sono i giorni passati addirittura anni, ma di quei scritti nessuna traccia. È come se si fossero  polverizzati.
D’altra parte, capiamoci: ci si può scandalizzare benissimo per il “silenzio” adottato e per i personaggi coinvolti, che in effetti per alcuni  è una posizione  poco piacevole, ma, nel mondo dei compromessi, se non ti adegui non ottieni nessuna posizione. Non voglio dire che così è, e così sarà per gli anni avvenire e che non si debba fare nulla per ottenere una nomination, ma sarebbe ipocrisia pensare che questo  silenzio sia stato il prezzo da pagare per far parte della “passerella” o  per creare nuova occupazione per i soliti ignoti? 
Questi e altri quesiti si aggiungono a quelli che attendono una risposta e... senza perdere la “BUSSOLA”…: perché non parlarne adesso?

mercoledì 14 gennaio 2015

Teverola: Urbanistica, la priorità è di salvaguardare la salute e l’ambiente

Nel Programma triennale dei lavori pubblici comunale,  la tutela della saluta è in terzo piano, per gli amministratori la priorità è per le opere di mobilità ed infrastrutture.

Le continue dipartite di bambini e giovani per tumore è sempre doloroso. Nell’Agro aversano, in questi ultimi periodi, troppe tragedie hanno colpito le famiglie dei scomparsi che hanno reso ulteriormente angosciose  le domande che percorrono le coscienze di tanti cittadini. Lasciare questa terra, andare altrove, lasciare gli affetti e abbandonare tutto è la soluzione per quanti credono che sia tutto finito e ridurre il rischio per l’incolumità della propria persona. Combattere, manifestare, ostacolare  un degrado è l’altra faccia della medaglia; la voglia di riscatto,  di resistere è la ragione per dare un senso alla vita stessa e all’appartenenza a questa terra che ha dato i natali.
Tra questi quesiti si consuma il tempo e a prescindere dalle risposte è difficile incontrare un cittadino che resta indifferente a questa problematica che tocca ognuno di noi.
Fa parte di ognuno di noi dedicare le colpe al prossimo,  ognuno di noi non si sente colpevole e affonda le colpe alle  istituzioni pubbliche, responsabilità che soggettivamente esiste, e non si può negare la situazione attuale e  accertare le  relazioni tra l’insorgere di gravi patologie e l’inquinamento.
Non si tratta di colpevolizzare coloro che sono stati “sordi” agli scempi che si sono consumati anche in questa città, ma parte di questi hanno una carta d’identità;  altri, forse  non si conosce l’esistenza.
I teverolesi hanno il diritto di sapere, hanno il diritto di tutelare la propria salute e l’ente locale non può esimersi di farlo. È inammissibile pensare che gli amministratori, con agilità colpevole e dubbia, non possono far niente e lasciano irresponsabilmente la  comunità alla propria sorte.
I problemi ambientali sono prioritari e la classe politica cittadina deve agire in modo adeguato alle richieste della comunità; l’Amministrazione comunale deve tutelare la salute con le proprie competenze e funzioni.
La continua “sordità” e il rimandare rendono inesistente la credibilità di una politica per l’ambiente.
Non ultimo la politica in tema di  urbanistica ovvero gli  indirizzi con la quale vengono  individuate le priorità dell’azione di governo,  il documento che l’esecutivo ha adottato, prevede, tra gli obiettivi qualificanti e immediati, le opere di mobilità ed infrastrutture ovvero la viabilità della futura urbanizzazione comunale giusto risultato del nuovo “PUC”  e rimanda ai prossimi anni l’istallazione di due nuove centraline di monitoraggio degli inquinanti atmosferici senza considerare che il caso emblematico della prolungata disinformazione dell’attività di monitoraggio dell’aria delle due centraline già esistenti che apparentemente non svolgono più alcun tipo di controllo.
Sordità alquanto rimarcata considerando la richiesta di un tavolo di lavoro in materia ambientale avanzata da un’associazione locale. Amministrazione cieca alle altre forme di inquinamento come le attività mai censite dell’area PIP, la quantità abnorme di amianto presente nell’ex Mulino Chirico, la presenza di materiale speciale all’interno della dismessa centrale elettrica, presunto inquinamento della falda acquifera, presenza di rifiuti tossici nell’area ASI e altro ancora; per queste problematiche si agisce con confusione e leggerezza politica. 
È giunta l’ora che l’Ente comunale mostri rispetto per le preoccupazioni dei cittadini e rimediare alle mancanze senza peccare d’orgoglio e trascinare con se e con le valutazioni (discutibili) il destino di un’intera comunità.
A tale scopo urgono segnali politici energici; il continuo operato inconcludente è l’innesco di una esplosione incontrollata, continuare ad avere assessori  che scaldano la sedia è, a questo punto, una degenerazione politica, come mantenere al proprio posto chi si è guadagnato un’indennità pubblica, onerosa per i cittadini, non comprendendo neanche il perché.
(da "ZOOMIN" dic. 2013)

domenica 4 gennaio 2015

Teverola nelle mani delle persone per bene

Chi di voi non ricorda una famosa pubblicità, forse la più bella, dove un professore entrando in classe trova un profilattico, ancora nella sua confezione originale e si rivolge all’aula, gremita di studenti, con uno sguardo intimidatorio e con tono grave: “Di chi è questo?”. I giovani della scuola superiore si guardano preoccupati con il panico impresso nei loro volti. Tra i tanti, un ragazzo si alza in piedi e convinto dice: “è mio”, immediatamente a seguirlo si alza l’intera classe dicendo in coro: “è mio”. Sicuramente con questo “spot” si è incrementata la vendita del prodotto ma, analizzando la scena, si ha l’impressione che i studenti, davanTeti al potere del professore di mostrare quella “cosa” , si mostrano prima “timorosi” poi esternano la loro maturità, assumendosi solidalmente la responsabilità verso quel professore che era stato capace, di reprimere e di minacciare con il suo sguardo e il modo in cui si poneva.
Se quella domanda fosse stata posta ai cittadini di Teverola, quante persone si sarebbero alzate in piedi e dire: “è mio”?
A volte rifletto sulle condizioni della nostra città e mi viene un senso di rabbia e, in eguale misura,  rassegnazione. Rabbia per quello che si potrebbe fare per la nostra Città, rassegnazione perché consapevole che queste cose non potranno essere realizzate perché il livello di irresponsabilità e di coercizione popola l’animo di tanti.
Teverola è abbandonata a se stessa con l’approvazione di tanti che non vogliono vedere o ignorano, ma preferiscono dichiarare la loro insofferenza mostrandosi disinteressati quando invece dovrebbero essere stimolati per avviare una fase di cambiamento.
Quanti conoscenti, amici o sconosciuti si lamentano della politica, di chi ci amministra, del nostro “sistema” ma poi al momento delle scelte tutte le proteste sfociano nella riconferma, a volte con un risultato migliore, delle stesse persone.
Mi riferisco alle “persone per bene” cosi si fanno chiamare,   sono numerosi e  sono molto, molto, molto pericolosi perché si insinuano nelle menti deboli, nei giovani e cercano di farli ragionare come loro, professionisti che hanno sempre criticato, a volte con atti formali, questo “regime dolce” ma poi al momento delle decisioni importanti sono diventati “amici” scambiandosi addirittura “cortesie”. Mi riferisco a quei  detentori di un  pizzico di genialità che li rende persone di ingegno che hanno iniziato la loro carriera professionale proprio con la “mortificazione” di Teverola, ma ahimé,  si nascondono dietro  “nomignoli”, ad esternare il loro disappunto e ridicolizzando  il prossimo, per poi nascondere goffamente la propria incapacità a comprendere le problematiche e il proprio fallimento di non fare nulla per risolverle, problemi che ci umiliano, ci mortificano, ci sconfortano; si rimbocchino le maniche e prendano esempio da quanti, in condizioni analoghe, garantiscono risultati degni di menzionare i loro nomi.
Il ruolo di queste persone “perbeniste” porta a riconfermare questi figuri che, indossando la maschera del “professore”, non hanno vergogna, non si dimettono ne ammettono i propri errori, non si sentono nemmeno responsabili di quello che fanno o non fanno ma lasciano frustrati quelli che lottano per mantenere i loro impegni, il loro sostentamento e la loro dignità.
Questa è la nostra dura realtà,  fino a quando tutti insieme non ci decidiamo di alzarci  e dire in coro  “Teverola è mia”, ma senza una bella bufera, il cielo non potrà tornar sereno…