In giro per la città incontri, a
volte, gente che ti regala le sue storie. Spesso sono storie malinconiche,
storie di debolezza dinanzi ad una menzogna o un diritto calpestato.
Di solito sono
storie di difficoltà familiari, come quella del papà che denota una
indifferenza da coloro che riteneva “amici”, cui si è rivolto per un aiuto o di
quella donna che emigrata al nord aveva scelto il cimitero del suo paese
originario per custodire le spoglie del
suo amato consorte e, ritornata nella sua città, trova la tomba spogliata,
derubata, deturpata da loschi faccendieri della notte. Storie inverosimili che
non riesci, nemmeno con l’immaginazione, a pensarle se nessuno non te le
racconta. Ti fanno conoscitore di fatti che non fanno parte delle umane e civili gesta di una comunità, come alcuni
continuano, insistentemente, a chiamare chi risiede in questa piccola città.
Come quel piccolo condominio, che
ogni fine settimana si ritrova senz'acqua potabile, deficienza che costringe, le persone che vi abitano, ad ogni rimedio
possibile per tamponare il problema che non trova facile risoluzione. Un tira e
molla tra istituzioni che non cerca di rimediare, un banalissimo inconveniente
dovuto alle ridotte dimensioni della
conduttura idrica e, di conseguenza, che non riesce a soddisfare i bisogni di
una popolazione che nel corso degli anni
è cresciuta sempre di più. .
Il racconto di queste “storie” mi fa
pensare a tutte quelle persone che hanno
lasciato il proprio paese e che, per la festa di Ognissanti e commemorazione dei defunti,
ritornano a visitarlo per pochissimi giorni. Immagino il dispiacere nel vedere
una città abbandonata all'incuria, un territorio che allontana piuttosto che
rievocare i ricordi; immagino il
disappunto nel camminare per un paese ormai
deserto e senza l’essenziale; persone che hanno un radicamento forte ad una
città che fa parte della propria vita. Immagino la collera di quel papà nel vedersi chiudere le porte del suo migliore
amico, la rabbia di quei cittadini che si vedono abbandonati da chi dovrebbe
prendere a cuore i propri problemi, la tristezza e il dolore che ha provato quella
donna emigrata nel vedere la tomba di suo marito denudata, umiliata,
maltrattata, trasgredita e nello stesso istante rendersi conto di aver lasciato
una città che non sa rispettare i suoi morti; una città incapace di conservare la propria memoria, una città designata all'autodistruzione.
La donna lascia la città che non ha
saputo difendere il suo ricordo, lascia la sua terra definitivamente,
consapevole che un popolo che non sa custodire le sue memorie secondo le regole,
è un paese “piegato” come “misero” è l’appellativo di città.
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