lunedì 28 ottobre 2013

In giro per la città

In giro per la città incontri, a volte, gente che ti regala le sue storie. Spesso sono storie malinconiche, storie di debolezza dinanzi ad una menzogna o un diritto calpestato.
Di solito   sono storie di difficoltà familiari, come quella del papà che denota una indifferenza da coloro che riteneva “amici”, cui si è rivolto per un aiuto o di quella donna che emigrata al nord aveva scelto il cimitero del suo paese originario  per custodire le spoglie del suo amato consorte e, ritornata nella sua città, trova la tomba spogliata, derubata, deturpata da loschi faccendieri della notte. Storie inverosimili che non riesci, nemmeno con l’immaginazione, a pensarle se nessuno non te le racconta. Ti fanno conoscitore di fatti che non fanno parte delle umane e  civili gesta di una comunità, come alcuni continuano, insistentemente, a chiamare chi risiede in questa piccola città.
Come quel piccolo condominio, che ogni fine settimana si ritrova senz'acqua potabile, deficienza  che costringe,  le persone che vi abitano, ad ogni rimedio possibile per tamponare il problema che non trova facile risoluzione. Un tira e molla tra istituzioni che non cerca di rimediare, un banalissimo inconveniente dovuto alle  ridotte dimensioni della conduttura idrica e, di conseguenza, che non riesce a soddisfare i bisogni di una  popolazione che nel corso degli anni è cresciuta sempre di più. .
Il racconto di queste “storie” mi fa pensare  a tutte quelle persone che hanno  lasciato il proprio paese e che, per la  festa di Ognissanti e commemorazione dei defunti, ritornano a visitarlo per pochissimi giorni. Immagino il dispiacere nel vedere una città abbandonata all'incuria, un territorio che allontana piuttosto che rievocare  i ricordi; immagino il disappunto  nel camminare per un paese ormai deserto e senza l’essenziale; persone che hanno un radicamento forte ad una città che fa parte della propria vita. Immagino la collera di quel papà nel  vedersi chiudere le porte del suo migliore amico, la rabbia di quei cittadini che si vedono abbandonati da chi dovrebbe prendere a cuore i propri problemi, la tristezza e il dolore che ha provato quella donna emigrata nel vedere la tomba di suo marito denudata, umiliata, maltrattata, trasgredita e nello stesso istante rendersi conto di aver lasciato una città che non sa rispettare i suoi morti; una città incapace di  conservare la propria memoria, una città designata all'autodistruzione.
La donna lascia la città che non ha saputo difendere il suo ricordo, lascia la sua terra definitivamente, consapevole che un popolo che non sa custodire le sue memorie secondo le regole, è un paese “piegato” come “misero” è l’appellativo di città.

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