domenica 25 novembre 2012

" RIFLESSIONI DI UNA MENTE SOTT'ACIDO"

“Tra vent’anni non sarete delusi delle cose che avete fatto ma da quelle che non avete fatto. Allora levate l’ancora, abbandonate i porti sicuri, catturate il vento nelle vostre vele. Esplorate. Sognate. Scoprite“.
Mark Twain
L’altra sera un noto personaggio di Teverola mi ha rivelato che di notte dorme pochissimo e la maggior parte del suo lavoro lo svolge proprio nelle ore notturne; vi domanderete: E con chi ha parlato? con un panettiere, un pasticcere, un operaio al turno di notte o con un ladro. Non ve lo dico, ma lo scoprirete  da soli.

"Di sera quando rientro tra le mure domestiche, non vedo l’ora di abbracciare mio figlio, di notte quando tutti dormono cerco di  mettere su un foglio qualche pensiero e vi garantisco che non è  facile parlare di se. Ho un lavoro che mi ha colmato di soddisfazioni dandomi la possibilità di visitare gran parte della nostra penisola nonché  mi ha formato professionalmente e accresciuto culturalmente; ho coltivato la mia passione per la fotografia confrontandomi con diversi professionisti della zona, ma mettersi in gioco a 40 anni dopo un percorso di studi umanistici, una piacevolissima esperienza giornalistica (colgo l’occasione di ringraziare pubblicamente Giuseppe Cristiano direttore di Bloq Network che mi ha dato la possibilità di raccontare un po’ le vicende di Teverola e di iniziare un progetto di far conoscere alcuni talenti teverolesi), non è stato facile [……….]


sabato 17 novembre 2012

"Il PUC da rifare, ai teverolesi serve ben altro!"


di Antonio Zacchia
Un dibattito democratico con l’intenzione di dar vita ad un Forum dei cittadini per coinvolgere la gente, è questa la richiesta che arriva dai cittadini, associazioni, partiti politici e da tutta la comunità teverolese, ovvero, ritirate il PUC e costruiamo insieme la “Teverola che vogliamo” come goliardicamente, e un po’ presuntuosamente, è stato definito dai nostri amministratori il percorso post pubblicazione del documento di urbanistica.
Il Piano Urbanistico Comunale proposto e rincorso da questo esecutivo  non sta in piedi; non è stato rispettato l’iter procedurale, il suo elaborato presenta delle irregolarità soggettive e oggettive (?), è un imbroglio totale unito ad un disastro ambientale e tante altre motivazioni che sono state poste come “osservazioni” e ora al vaglio dell’amministrazione comunale.
Amministrazione che “rincorre” il rimediabile invitando, a porte chiuse, alcune associazioni presenti sul territorio che hanno prodotto delle proposte al lavoro ambizioso proposto alla cittadinanza come “ombelico del mondo” a suo tempo tanto pubblicizzato.
Il “Puc della discordia” ha già generato tante bufere nella casa comunale e per esso si è perso, fino ad ora, molto tempo, ma se c’è volontà  politica, il tempo perso si può recuperare.
Ci sono, infatti, dei processi possibili che vanno al di la di interessi di parte. Bisogna partire da quello che è già oggi Teverola con i suoi problemi di vivibilità, di viabilità, di urbanistica e migliorarla intensificando si lo sviluppo in generale, ma dando certezza di diritto allo strumento di partenza che promuove la crescita della città e conformalo alle norme dettate da Enti sovracomunali preposti, in sintesi un Puc  che non sembri predisposto da un’impresa privata ma da un ufficio tecnico comunale.   Solo cosi si può stilare un documento programmatico urbanistico dal quale dipenderà il futuro della nostra cittadina, dei nostri figli e delle future generazioni; solo cosi si cresce e si porta “tutta” la comunità alla “Teverola che vogliono” i suoi abitanti e non di una piccola rappresentativa che in aula, solo “per alzata di mano”, ha approvato un documento che, probabilmente, sarà più un danno patrimoniale per la comunità che per uno  sviluppo economico.
Il “NUOVO PUC” deve riscrivere la storia del nostro amato paese con la realizzazione di nuove strutture pubbliche che rilanceranno qualitativamente la città come la distribuzione, in modo armonioso sul territorio, di nuovi parcheggi pubblici, nuove aree verdi, parchi giochi nonché la tanto richiesta biblioteca e annesso auditorium; il tutto senza tralasciare un’attenta analisi economica-ambientale della nascita di una  nuova zona industriale,  considerando  che l’attuale  PIP, destinato per le attività artigianali, commerciali e terziarie,  non ha portato  tanta occupazione  per le famiglie teverolesi  ed in particolare per i nostri giovani.
Il “NUOVO PUC” deve essere anche una prima svolta per il metodo da seguire per amministrare la cosa pubblica, ovverosia i  cittadini devono essere coinvolti  realmente nelle scelte importanti che li  riguardano e non relegare ad un ruolo passivo le minoranze, perché, su quest’ultimo punto, molto l’opposizione consiliare si è battuta lamentando la propria estromissione da ogni procedimento decisionale sulle questioni “spesse” che riguardavano il paese; anche se qualcuno guarda da un’altra parte.
Per il “NUOVO PUC” è giunta l’ora che tutti, maggioranza e opposizione, facciano  un passo indietro, mettendo da parte orgoglio e delusioni, rancori e recriminazioni, supposizioni e sconfessioni e inizino   a lavorare  seriamente per il popolo di Teverola,  ma se non volessero, si mettessero da parte per lasciare al “NUOVO” il diritto di decidere il proprio futuro.




martedì 13 novembre 2012

"LE NUOVE DIRIGENZE" ... E IO PAGO!!!


" La macchina del fango"


Così si combatte il fango

 

di ROBERTO SAVIANO


Che cos'è la macchina del fango? È delegittimazione, attacco personale, screditamento attraverso il gossip, gogna pubblica di fatti privati come un calzino color turchese o una vecchia foto di vacanze su una spiaggia nudista. È un sistema semplice e antico che funziona talmente bene da diventare regola: chi si pone contro il governo o certi poteri, finirà infangato.



Critichi? Ti opponi? Sarai delegittimato. Si attiva una macchina fatta di dossier, di giornalisti conniventi, di politici faccendieri che cercano attraverso media e ricatti di delegittimare gli avversari. Spesso si giustificano con la scusa dell'inchiesta. Ma esiste una differenza fondamentale tra diffamazione e inchiesta. L'inchiesta raccoglie una molteplicità di elementi per mostrarli al lettore. La diffamazione prende un singolo elemento privato e lo rende pubblico. Non perché si tratti di un reato e nemmeno di qualcosa che tiene al ruolo pubblico della persona nel mirino. Ma la mette in difficoltà, la espone, la costringe a difendersi. Così il fango intimidisce, ostacola la partecipazione, invita a evitare di rovinarsi l'esistenza. Utilizza ogni cosa e non solo qualcosa di privato che attiene alla tua sfera intima ma un tuo connotato che faccia ombra: un talento, un coraggio, un'ambizione, un'aspirazione alla bellezza. Qualunque cosa attenti alla selezione alla rovescia che è prevalsa nella vita pubblica, e che deve garantire la durata dei peggiori. I peggiori sono i peggiori, o, peggio, i migliori che hanno tradito e si sono traditi e non se la sentono più di cambiare, di risalire, e mirano a tirare giù gli altri. Il gossip, paroletta che vuole rendere leggera la brutalità della maldicenza e rendere carina la liquidazione della discrezione, è oggi uno strumento estorsivo sulla vita personale, un racket sulla privacy. Perché il fango mira alla tua sfera più intima. Ti costringe a difenderti da ciò che non è né colpa né crimine, ma solo la tua vita privata. È sacra la privacy su chi incontri, su chi frequenti, sul fatto che nessuno, tranne la persona amata, deve ascoltare una tua dichiarazione d'amore. Ma se candidi le tue amiche e puoi finire vittima di ricatti ed estorsioni, questo smette di essere un fatto privato e diventa invece condizionamento della vita pubblica di un intero Paese. La privacy è tutela della vita e della voglia di vivere. L'abuso di potere è un'altra cosa, scontata da altri. 

Lo scopo della macchina del fango è cancellare questa differenza fondamentale. Poter dire e ribadire: siamo tutti uguali, lo fanno tutti. E questo funziona benissimo, perché molti non comprendono la differenza, ma soprattutto perché è comodo pensarci tutti peccatori. Se siamo tutti uguali, nessuno è più costretto a fare uno sforzo per cercare di essere migliore. Questo meccanismo si nutre di una tendenza tipica del nostro Paese: se emergi, sarai stato favorito; se ti esponi, sei un narciso; se hai ambizioni, sei un opportunista. Più un potere è in crisi, più cercherà di portare nel proprio abisso tutto ciò che gli sta attorno. Viene in mente la massima: nessuno è un grand'uomo per il proprio cameriere. Il precetto di oggi che la macchina del fango impone dev'essere: nessun uomo, tutti camerieri. La libertà di stampa in Italia è compromessa dalla certezza che non verrai criticato per quello che dici, ma cercheranno di demolire la tua vita, la tua dignità, anche laddove non c'è ombra di reato. Ma non è un meccanismo che riguarda solo i giornalisti. La stessa cosa successe al presidente della Camera Fini, quando cominciò a dissentire da alcune posizioni a proposito di giustizia e legalità. Ma vale la pena ricordare soprattutto il direttore di Avvenire, Boffo, che aveva iniziato a criticare la condotta di Berlusconi. Nel maggio del 2009 aveva scritto: "Continuiamo a coltivare la richiesta di un presidente che con sobrietà sappia essere specchio, il meno deforme, all'anima del Paese". Subito entrò in azione la macchina del fango, riesumando una storia vecchia di anni che riguardava una multa pagata per chiudere una diatriba giudiziaria minima (telefonate a una persona che non voleva essere disturbata). Non solo: vi si aggiungeva un documento di supposta natura giudiziaria che diceva: "Noto omosessuale già attenzionato dalla polizia". La diffamazione si basava dunque su un documento falso, perché in nessun atto giudiziario Boffo risultava né omosessuale né tantomeno "attenzionato" dalla polizia. Ma, a parte questo, quale sarebbe il suo reato: l'omosessualità? Chi crede che l'omosessualità sia "da attenzionare" si comporta da sgherro di regime, regime qualsiasi. Boffo, per questo fango, è costretto prima a difendersi e poi a dimettersi. E il politico pdl Stracquadanio conia un termine sinistro che mostra come la diffamazione stia diventando metodo: il "trattamento Boffo", che richiama il "Trattamento Ludovico" di Arancia Meccanica. 

La macchina del fango è un meccanismo vecchio. Ci avevano provato anche con Giovanni Falcone, criticandolo non per il suo operato, ma per la sua immagine. Anche il fallito attentato all'Addaura dell'estate 1989 diventa pretesto per la diffamazione; nei salotti di Palermo, infatti, si dirà che la bomba l'ha fatta mettere lui stesso, per attirare l'attenzione su di sé a fini di carriera. Falcone conosceva bene l'Italia e il meccanismo secondo cui se la mafia non ti uccide, se l'attentato salta, si rischia di non essere credibili. Solo la morte può legittimarti. Dopo la diffidenza mostrata verso l'autenticità dell'attentato dell'Addaura, diventano pubbliche sei lettere anonime del "Corvo", indirizzate a diverse figure istituzionali. Nelle lettere il magistrato viene accusato di aver fatto rientrare dagli Usa il collaboratore di giustizia Contorno e di averlo usato come killer di Stato per stanare i corleonesi. Solo il 23 maggio 1992, giorno della strage di Capaci, le critiche personali cessano. La morte di Falcone azzera le polemiche, Falcone diventa eroe. Quasi che la morte fosse l'unica prova possibile dell'autenticità della sua lotta alla mafia. 

In Italia, la macchina del fango ha avuto un bersaglio prediletto in Pier Paolo Pasolini. Contro un intellettuale scomodo, indipendente, per giunta apertamente omosessuale, si tirava persino fuori un'accusa di rapina da cui lo scrittore è stato prosciolto con piena formula. Non solo attacchi da giornali di destra, ma anche giudizi sprezzanti di molti uomini della sinistra che trovavano scomoda la figura del Pasolini omosessuale. Lo scrittore subì innumerevoli denunce e 33 processi nel corso di 27 anni; non si sottrasse mai al processo. Lo stesso Pasolini scrisse su Paese Sera l'8 luglio 1974: "Mi hanno arrestato, processato, perseguitato, linciato per quasi due decenni. Questo un giovane non può saperlo... Può darsi che io abbia avuto quel minimo di dignità che mi ha permesso di nascondere l'angoscia di chi per anni e anni si attendeva ogni giorno l'arrivo di una citazione del tribunale e aveva terrore di guardare nelle edicole per non leggere nei giornali atroci notizie scandalose relative alla sua persona...". Pasolini parla di paura, terrore: è questo che produce la macchina del fango e che spesso porta a non agire, a evitare di partecipare, a compiere uno sforzo per migliorare le cose. Una volta Enrico Deaglio nel ricordare Mauro Rostagno usò un detto siciliano: "I vermi non l'hanno a mangiare". I vermi, vale a dire, non avranno alcun potere se vivrà più forte il ricordo di un uomo che si è adoperato per il bene e per il giusto. Oggi vale purtroppo anche per i vivi. Se ti poni contro il potere i vermi della delegittimazione ti vengono gettati addosso. 

Ribadisco, l'unico modo per fermare la macchina del fango è non darle credito. Riconoscerla, dire: è fango, non mi interessa, non mi riguarda. Facendo muro contro la maldicenza, non diventandone un veicolo di diffusione, non riprendendo la notiziola su un compenso o su una relazione. Non è difficile avere la possibilità di impastarsi meno con il veleno. Basta ricordare come ci si sente quando si diventa oggetto di illazioni false, di pettegolezzi maliziosi, di mobbing fondato su presunte inadempienze, qualcosa che è capitato a tutti. La macchina del fango è un meccanismo persecutorio che non mira solo a distruggere un avversario, ma che sta scardinando ogni possibile patto di fiducia all'interno di questo Paese. Fermarla equivale a difendersi da un acido corrosivo. Nel maggio del 1924 Giacomo Matteotti denunciò i fascisti per i brogli elettorali e, terminato il discorso, disse: "Ed ora preparatevi a farmi l'elogio funebre". Sapeva che sarebbe stato ammazzato. Non sembri troppo drammatico il citare Matteotti se oggi la consapevolezza di chiunque si ponga contro il potere del governo sia quella di sentirsi "pronto alla più feroce delle campagne di delegittimazione e fango". Per ogni denuncia, per ogni critica, per ogni gesto di coraggio, per ogni resistenza, sai già cosa ti capiterà per cui senza paura dinanzi al "tutti facciamo schifo" risponderei come risposero i ragazzi di Locri alla bestialità ndranghetista: e ora infangateci tutti.
(sintesi dell'intervento proposto stasera alle 21 al Festival internazionale del giornalismo di Perugia)

" DO" "UT" "DES"




lunedì 12 novembre 2012

"Per alzata di mano"


Dopo la seduta del Consiglio comunale dello scorso 22 ottobre, stupefatto dall'amorfo comportamento dei consiglieri di maggioranza e della particolare conduzione dell’assise da parte del presidente, ho messo su qualche rigo con la speranza di apportare un qualche contributo all'azione continua che l’opposizione sta portando avanti con un impegno e una passione che, tra l’altro, condivido pienamente.
Senza tante difficoltà, la maggioranza ha chiesto di votare e ha votato immediatamente tutti i punti all'ordine del giorno dando ascolto, ma solo per una pura formalità, alle osservazioni che le forze di minoranza volevano far valere.
Si è passati in seguito alle interrogazioni senza far mancare le retoriche dichiarazioni di come regolamentarle. Si parla da diverso tempo, infatti, di rivedere il Question Time, uno strumento democratico utile a consolidare il dialogo tra maggioranza e opposizione, ma come sempre bisognerebbe prima mettersi d’accordo sulla forma, senza tener conto della sostanza.
Le interrogazioni sono gestite sempre dal Sindaco e mai nessun componente della Giunta prende la parola, i presenti come dei ginnasti vivacizzano con la loro presenza la sala consiliare allenando i loro bicipiti a ogni alzata di mano.
Ed è proprio questo tipo di atteggiamento poco incisivo, informe e particolarmente lontano dalle necessità e dai bisogni dei cittadini teverolesi che ha fatto regredire la nostra città di oltre venti anni.
Ma c’è anche un’altra verità assurda e ai limiti del ridicolo: la giunta e i consiglieri stanno lì seduti quasi a nascondersi tra gli scranni ad alzare la mano solo all'occorrenza  la verità e che la pessima qualità dei rappresentanti, l’inefficacia dei partiti, l’inesistenza di movimenti politici, l’inerzia delle associazioni e la politica stessa di questa maggioranza hanno fatto mancare il confronto e il dibattito, contribuendo nel corso degli anni alla perdita di valori.
Non ci sono più idee. La maggioranza si sfascia, si trasforma e si ricompone, ma solo su equilibrismi temporali: per gli stipendi, per gli incarichi et similia…
Le nuove leve non sanno cosa sono e non interessa loro saperlo. Per costoro la politica serve solo a rimediare qualche voto, a coltivare qualche amicizia e per assicurare a parenti e amici i frutti derivanti dal loro supporto.
Le vecchie glorie sono interessate solo a elargire prebende per mantenere i loro “numeri”, a usare la politica per macinare interessi personali.
In aula, al momento delle grandi decisioni, si sentono solo frasi fatte, solo retorica.
Essi dimostrano che non sono una classe dirigente poiché non hanno autorevolezza e caratura morale.
Hanno un bagaglio culturale carente e valori che non servono a far crescere la città. Si fingono dirigenti ma non lo sono; sui marciapiedi e nei corridoi della casa comunale si offendono tra di loro, spettegolano, calunniano. Sembra che non sappiano fare altro.
Teverola ha bisogno di una scossa; occorre un cambio generazionale della classe dirigente, di progetti di rilancio coraggiosi, innovativi, concreti in termini d’infrastrutture e di servizi che le consentano di uscire dalla posizione di emarginazione nella quale è caduta. Teverola ha bisogno di giovani emergenti che si mettano in gioco.
E’ arrivato il momento di avere fiducia e di riappropriarsi di un futuro che nessuno regalerà. E’ arrivato il momento di uscire fuori e conoscere il mondo che ci circonda e provare a pensare in quale società si vuol vivere e far crescere i propri figli.
Il futuro è nei giovani. Anche loro vivono la città. Anche loro sanno quali sono i problemi e i bisogni da affrontare e risolvere.

domenica 11 novembre 2012

"Meglio ragliare o belare?"


Essere o non essere, questo è il problema: se sia più nobile d'animo sopportare gli oltraggi, i sassi e i dardi dell'iniqua fortuna, o prender l'armi contro un mare di triboli e combattendo disperderli. Morire, dormire, nulla di più, e con un sonno dirsi che poniamo fine al cordoglio e alle infinite miserie naturale retaggio della carne, è soluzione da accogliere a mani giunte.
Morire, dormire, sognare forse: ma qui é l'ostacolo, quali sogni possano assalirci in quel sonno di morte quando siamo già sdipanati dal groviglio mortale, ci trattiene: é la remora questa che di tanto prolunga la vita ai nostri tormenti.
Chi vorrebbe, se no, sopportar le frustate e gli insulti del tempo, le angherie del tiranno, il disprezzo dell'uomo borioso, le angosce del respinto amore, gli indugi della legge, la tracotanza dei grandi, i calci in faccia che il merito paziente riceve dai mediocri, quando di mano propria potrebbe saldare il suo conto
con due dita di pugnale? Chi vorrebbe caricarsi di grossi fardelli imprecando e sudando sotto il peso di tutta una vita stracca, se non fosse il timore di qualche cosa, dopo la morte, la terra inesplorata donde mai non tornò alcun viaggiatore, a sgomentare la nostra volontà e
a persuaderci di sopportare i nostri mali piuttosto che correre in cerca d'altri che non conosciamo? Così ci fa vigliacchi la coscienza; così l'incarnato naturale della determinazione si scolora al cospetto del pallido pensiero. E così imprese di grande importanza e rilievo sono distratte dal loro naturale corso:
e dell'azione perdono anche il nome...
William Shakespeare 

sabato 10 novembre 2012

Teverola al buio per "morosità"


Teverola, come Napoli, rischia di rimanere al buio perché  il comune non paga da tempo la società che gestisce e alimenta di  energia elettrica l'illuminazione pubblica.
Teverola rimarrà al buio con i lampioni spenti e strade senza luce, ma la causa non sarà un blackout tecnico ma bensì per problemi di morosità da parte dell’Amministrazione Comunale guidata dal sindaco Lusini.  La società che gestisce il servizio d'illuminazione pubblica, infatti, staccherà l'erogazione della corrente elettrica perchè il Comune non paga, da ben 11 mesi, le mensilità arretrate per vizi formali dell’atto amministrativo stipulato dall’Ente comunale e la ditta Vitale ONE Costruzioni S.r.l. di Teverola.
Vizi formali che risultano sanati in virtù di una integrazione del contratto n. 4/2011 sottoscritto tra le parti nel mese di ottobre(?) e resa esecutiva con  determina dirigenziale  n.161 del 24 ottobre 2012  a firma del Responsabile dell’Area Tecnica Arch. Maria Carmen Mottola.
Di conseguenza a tutto ciò  e alla luce di quanto vantato, su cui non ha garanzie, la società gestrice dell’impianto non solo ha deciso di risolvere in danno il contratto di fornitura, in considerazione anche dall’attuale situazione economica che vede da un lato una pressione fiscale che non ammette ritardi nonché i continui investimenti in materia di sicurezza e dei costi elevati per la gestione delle diverse attività che in un periodo di crisi sono  già fortemente penalizzate, ma va oltre criticando l’attuale governo locale che si interessa dei cittadini solo nei periodi elettorali e, non solo, non sostiene  le realtà imprenditoriale locali, ma diventa moroso nei loro confronti.
Un’amministrazione che si vanta fare politica di  sviluppo del territorio, con nuovi insediamenti industriali, si veste da  carnefice per gravare le difficoltà economiche  degli stessi.
Il risultato dunque sono le conseguenze delle decine di strade che rimarranno  prive di illuminazione nonché i disagi dei cittadini che, nonostante non sono “morosi”,  purtroppo pagano sempre le conseguenze.